Lezioni di chimica (Garmus)

Rimango sempre affascinata dalle figure di donna che riescono ad affermarsi nella vita per le loro capacità, nonostante tutto, anche se il momento storico è sbagliato, il pensiero dominante identifica ancora donna – famiglia – cura figli – casa. Questa è una storia vincente, dove Elizabeth, la protagonista, riesce a vivere la propria vita e a realizzarsi anche se a caro prezzo. Siamo negli anni 50 e verrebbe da dire “ci sta”, ma oggi è poi così diverso? Perché è ancora così difficile, perché ancora oggi deve esserci una differenza di genere e non vengono prese in considerazione il merito e le capacità?

“Scatoletta per anello” annunciò uno dei geologi. “Tenetevi forte, ragazzi, fidanzamento in vista. “Ma qualcosa nell’espressione di lei non tornava. Elizabeth guardò l’astuccio e poi Calvin, gli occhi sgranati dal terrore. “So come la pensi sul matrimonio” si affrettò a spiegare Calvin. “Ma ci ho pensato e ripensato, il nostro matrimonio sarebbe tutta un’altra cosa. Molto poco convenzionale. Persino divertente..”…”Non posso” disse lei. “Renderebbe solo tutto più difficile.”

“Una volta Elizabeth aveva letto che il novantotto per cento delle cose per cui la gente si preoccupa non si avvera mai. E il restante due, si chiedeva? E poi, chi aveva stabilito quei numeri? Il due per cento le sembrava bassissimo. Secondo lei si trattava almeno del dieci o del venti. Nel suo caso, poi, probabilmente saliva al cinquanta. Non voleva preoccuparsi per quell’uscita, ma purtroppo il timore c’era. E anche un cinquanta per cento di probabilità che combinasse un disastro….”Sei stata fantastica!” esultava Calvin due ore più tardi, pestando sul volante con tale entusiasmo che Seiemezza temeva andassero a sbattere prima di arrivare a casa “Erano tutti entusiasti” “Chi sono tutti? Nessuno è venuto a dirmi niente” ribatté Elisabeth “Ah, ma se è per quello, li senti solo se va storto qualcosa. Il fatto è che mercoledì prossimo ci aspettano di nuovo.” Sorriso trionfante. Era riuscito a salvarla ancora una volta, prima sul lavoro e adesso qui. Forse era così che si poteva mettere un punto a iella e superstizione: prendendo precauzioni segrete ma assennate.

Il tempo di tornare a casa (Bussola)

Quando inizio a leggere un libro entro nella storia che viene raccontata e quando ritrovo pensieri e sensazioni che accompagnano la mia vita mi sento “a casa”. E’ come se ritrovare le proprie riflessioni e i propri convincimenti dia consistenza agli stessi. Ci si sente meno soli sapendo che altri attraversano le stesse strade e, a volte, arrivano alle stesse conclusioni.

In questo libro il palcoscenico è una stazione affollata e l’autore si immagina le storie delle persone che incontra mentre aspetta il treno successivo a quello che ha perso. Le storie sono quelle che ognuno di noi ha forse attraversato nella propria esistenza: incontri, abbandoni, crisi. E’ molto coinvolgente e lo consiglio vivamente!

“A volte lasciamo le persone, perché non ci sembrano più abbastanza. Accade quando una relazione finisce o quando sentiamo che l’amore, da solo, non è più sufficiente. Chiudiamo repentini e crudeli oppure forniamo interminabili spiegazioni, dipende se ad animarci è la volontà di andare via o la speranza che qualcuno ci trattenga. Altre volte, sono invece le persone a lasciare noi. D’un tratto, siamo noi quelli sbagliati, quelli non più amati, quelli amati disperatamente e ora persi per sempre. Quelli amati in passato ma di cui basterà sentir pronunciare il nome per essere ancora lì a chiedersi di nuovo il perché. Quelli amati di nascosto, quelli amati nonostante. Quelli che avresti amato se solo se, quelli amati male, quelli ancora da amare. Quelli amati mai. Vivere, in fondo, non è che una serie di storie che si chiudono e si aprono, un continuo stringere la presa e lasciar andare. Una catena infinita di incontri e addii. Ma tra una fine e un nuovo inizio esiste una stagione dai confini incerti, un guado in cui può capitare di smarrirsi: è il tempo dell’attesa. Ci sono persone che passano la maggior parte della vita ad aspettare. Aspettano l’amore giusto, il momento adatto, il mantenimento di una promessa, la conclusione di una sofferenza, la rimarginazione di una ferita. Attendono che qualcuno finalmente le veda. Poi un giorno, senza preavviso, si alzano in piedi tra la folla e decidono che è ora.”

Il libraio di Venezia (Montanaro)

Un piccolo gioiello, per la storia, per l’ambientazione, per i suggerimenti…Infatti alla fine è stata inserita una mappa e una guida alle librerie veneziane, utilissima per chi ama le piccole librerie, vuole scoprirle e viverle

” San Giacomo è bello, il campo più bello della città. Ci sono un cartolaio e un ferramenta, una ragazza che ha un negozio di zaini, un venditore di pianoforti, qualche osteria, la pizzeria, un gruppo che organizza un mercatino, proietta vecchi film. Decine di bambini giocano a calcio, ogni pomeriggio..”

“Anche se perdesse la libreria, anche se non dovesse venderne più, nessuno può torglierglieli. Può chiudere la Moby Dick, ma i libri esisteranno ancora, con le loro storie, nessuno potrà impedire a lui di leggerli, li ama per questo in fondo, è cominciato tutto così, perché a lui piace leggere, andarsene con la fantasia, usare l’immaginazione, ridere e piangere per cose che non esistono, che sono solo inchiostro, e per questo esistono ancora di più, è quello l’importante per lui, non deve dimenticarlo.”

“Avevo voglia di stare un poco con Venezia, volevo farci la pace.. Si incamminano per la corte del Milion, dove ci sono le case dei Polo, e poi verso Santa Marina, in direzione Castello. Parlano poco, ogni tanto, più spesso stanno in silenzio…Sofia gli indica le cose che le piacciono: una trifora, lo scorcio di un palazzo.. Scorgono le mura alte dell’Arsenale, sbucano per San Martino, proseguono per la Porta dei Leoni, e poi cercano senza fretta calli piccole, ponti storti, finestre di case popolari, socchiuse, quel poco di emozione, di pericolo, che viene quando non sai bene dove andare, quando prosegui per qualche metro seguendo una calle che finisce in un canale, che si può solo tornare indietro.”

Oliva Denaro (Ardone)

Un libro che racconta il riscatto di una ragazza nata e cresciuta in un piccolo paesino siciliano. Oliva cresce oppressa dalle tradizioni che regolano la vita della sua famiglia e del paese intero. Siamo nel 1960, ma leggendo sembra di essere nel 1860. Il senso di colpa permea la sua esistenza e lei non riesce a scrollarsi di dosso tutto il peso delle aspettative che la opprimono. Trova nel padre un alleato silenzioso, che a volte sbaglia, legato anche lui da consuetudini radicate, ma che nel corso delle sue battaglie sarà sempre al suo fianco. E poi il riscatto arriva, la consapevolezza si concretizza e Oliva, vent’anni dopo, può cominciare a vivere, a testa alta, in quel paese dove era nata.

La cucina color zafferano (Crowther)

A me capita di iniziare a leggere un libro e scoprire già dalle prime righe che sarà un libro che amerò moltissimo. E’ quello che è successo .. Credo che dipenda dalla capacità dello scrittore di trasmettere le emozioni, non solo quelle legate alla storia narrata, ma anche i colori, gli odori dei luoghi. Questa storia si svolge tra Londra e uno sperduto villaggio iraniano e le atmosfere dei due luoghi sono quasi in antitesi. Eppure nello svolgersi del racconto ho avuto questa splendida sensazione di passare dalla pioggerella di Londra al freddo intenso delle montagne dell’Iran, riscaldate dal sole dopo la prima nevicata. Accanto a questo la protagonista del romanzo, Maryam Mazar, emerge in tutta la sua forza, quella che ha avuto e dimostrato fino alla fine per vivere al meglio la sua vita. Non perdetelo!

“Tu capirai. Qualsiasi cosa io faccia, marito mio, tu sai, da sempre, che c’è un mondo al quale devo scegliere di rinunciare nella mia vita: non un passato ormai inaccessibile, ma un altrove, dove vivono e conducono le loro giornate persone in carne ed ossa. Guardando la fede che porto al dito, vedo gli anni di matrimonio che abbiamo trascorso insieme, anni che non cambierei con nulla, anche se so che non sono stati facili. Non sempre il nostro tetto pareva abbastanza robusto per tutte le vite e i luoghi che doveva contenere. Non rimpiango di essere tornata a Mazareh; forse, come dici, era una cosa che prima o poi avrei dovuto fare comunque. Ti farà sorridere, spero, sapere che mi sono riabituata a srotolare il materasso sul pavimento tutte le sere e a respirare l’aria gelida delle montagne che sembra portare nuova forza e nuovi intendimenti. Temo che ora sarei più sperduta che mai a Londra, fra tavoli tirati a lucido, posate d’argento e conversazioni compite. Ma scrivi di essere tornato sul mare e parte di me spera che anche tu deciderai di non tornare più a quelle pastoie. C’è un sollievo, non è vero?, nell’imballare tutto, la casa e il resto: ci consente la libertà di respirare, di scegliere di nuovo la vita che vogliamo vivere, anche se non so se resterò qui per sempre, fino a che duri l’inverno dei miei giorni..”

Il gioco delle ultime volte (Oggero)

Un libro non facile da leggere, anche se, come sempre, la scrittura della Oggero è superlativa. Ho trovato complicato seguire le dinamiche dei personaggi, in alcuni momenti troppo sottointese, date per scontate. Le tematiche toccate sono complesse: relazioni di coppia, stress causati dal lavoro in pronto soccorso, conseguenze di un’amicizia interrotta bruscamente in età adolescenziale. Forse troppo per essere condensato in un unica storia.

“Dormire insieme è diverso dal fare l’amore, è qualcosa di più, – aveva detto. – Certo che ho già dormito con qualche ragazza, ma per pigrizia, non per desiderio: non avevamo voglia di alzarci dal letto, rivestirci e tornare a casa, era più comodo girarsi dall’altra parte e aspettare il mattino. Con te non sarebbe così, Teresa. E lei era stata costretta a dargli ragione, perché l’intimità che si crea dormendo a fianco della persona amata è totale: ti affidi all’altro senza difese, concedi al suo vaglio la debolezza e l’imperfezione della tua fisicità e accetti la sua.”

“-Sei felice? – Domanda strampalata da parte di un quasi cinquantenne non idiota. – Grazie per il non idiota…-Ecco, la metafora è cinicamente realistica: la suavitas, chiamala felicità se vuoi, o appagamento o serenità, consiste nel non essere tra quelli che stanno naufragando in mezzo alle onde, nel trovarsi a distanza dal terremoto o graziati dallo schianto aereo, insomma nello stare sulla spiaggia, o lontani dall’epicentro del sisma, o ancora in aeroporto. Se intendi una cosa del genere, la risposta è sì.”

Scrittori e amanti (King)

“Amo queste oche. Mi fanno gonfiare il petto, mi convincono che tutto tornerà a posto, che supererò questo momento come ne ho superati altri, che lo spaventoso, immenso vuoto che ho davanti è solo un fantasma, che la vita è più leggera e più divertente di quanto io sia disposta ad ammettere. Ma questa sensazione, il sospetto che non sia ancora tutto perduto, si porta dietro la voglia di dirlo a mia madre, di dirle che oggi sto bene, che ho provato una cosa vicina alla felicità, che forse sono ancora capace di sentirmi felice. Una cosa del genere vorrà saperla. Ma non posso dirgliela. Questo è il muro dove vado immancabilmente a sbattere nelle mattine belle come questa. Mia madre si starà preoccupando per me e io non posso dirle che sto bene. Alle oche non interessa che piango di nuovo. Ci sono abituate. Soffocano i miei rumori a suon di risa e grida.”

“Non so cosa ci sia stato fra di noi ma è stato forte, denso, come l’aria umida e l’odore di tutte le cose verdi pronte a fiorire. Può darsi che sia stata solo la primavera. Può darsi che sia stato solo questo. Abbiamo preso i contenitori del pranzo e abbiamo mangiato i panini col prosciutto al laghetto vicino alle casette. Abbiamo attraversato un gruppo di tife; qualcuna aveva le spighe nuove, verdi, e qualcuna, forse reduce dall’autunno, era lunga, bruna, alta come noi…”

“Oscar mi sta studiando. Sta già prendendo decisioni. E’ una cosa che sento. Tra la nostra telefonata e oggi ha cercato di convincersi a lasciarmi perdere e adesso ci sta riprovando. Resto lì accovacciata e penso a come, da donna, impari precocemente a percepire come sei percepita dagli altri, a spese di cosa provi tu per loro. A volte mescoli le due cose in un groviglio terribile che è difficile districare.”

Una storia semplice e complicata nello stesso tempo. Casey appare fragile e destinata a soccombere sotto il peso dei debiti accumulati per pagarsi gli studi, con un lavoro improbabile come cameriera senza assicurazione sanitaria. Ma continua a coltivare un sogno, quello di scrivere un libro. In quel libro, a cui dedica tempo ogni giorno, riversa tutte le sue energie e lo utilizza anche come terapia per le sue angosce. Ne esce un bel personaggio in una storia non del tutto scontata.

Voglia di tenerezza (McMurtry)

Un ritratto di donna splendido, Aurora è insopportabile e adorabile al tempo stesso, respinge e attira contemporaneamente. Ma ha un cuore grande in cui c’è posto per tutti e la sua vita caotica ha questo come punto di riferimento. La seconda parte, dedicata alla figlia, a mio avviso, non è affatto all’altezza, appare forzata.

“Aurora contemplò la sera per un po’, poi si alzò e lanciò la vestaglia sul letto. Andò all’armadio a scegliere un abito per la serata e, dopo averlo indossato e aver trovato la collana giusta da abbinarci, prese la spazzola e indugiò un po’ davanti al suo Renoir, spazzolandosi e guardando le due giovani allegre con i loro cappelli gialli. Per l’ennesima volta pensò che la loro allegria sembrava di gran lunga più pacata di quanto non fosse mai stata la sua. Poi le due giovani si offuscarono e il dipinto divenne una finestra aperta sui suoi ricordi, e Aurora vide la propria felicità: con la madre a Parigi, con Trevor sulla sua barca, con Rudyard sotto il verde di Charleston. Un tempo, prima di tutti quegli sconquassi, era praticamente sempre felice. Dopo un po’ la vista smise di tremarle e le due semplici giovani tornarono a sorridere in mezzo ai loro rosa e gialli. Aurora si sentiva in pace. Si asciugò le guance, finì di vestirsi e scese allegramente dai suoi amici, che per tutta la sera la trovarono di una grazia deliziosa, anzi inestimabile.”

Tre (Perrin)

Una straordinaria storia di amicizia. Quel tipo di amicizia che ho sempre sognato e mai incontrato, nata tra i banchi di scuola tra ragazzini e poi proseguita per tutta la vita. Un’amicizia simbiotica, che esclude il resto del mondo e non ha implicazioni sessuali. Le vicende della vita dividono i tre ragazzi e per un certo periodo ognuno va per la propria strada, conservando il ricordo della magia di quel rapporto e la sofferenza indotta dalla rottura. Il libro narra in parallelo l’inizio dell’amicizia e il momento in cui si svolge la storia e gli amici sono ormai persone adulte. Passando da un piano all’altro si rivivono tutte le fasi della vita dei tre protagonisti e l’evoluzione del loro rapporto non sempre idilliaco, ma sempre molto forte e presente nella vita di ciascuno. E’ sicuramente da non perdere!

“Gli altri alunni vanno nelle rispettive classi. Loro tre rimangono impalati davanti alla bacheca, inebetiti, come se da un momento all’altro dovesse spuntare qualcuno a dire che c’è stato un errore, che in realtà stanno nella stessa classe.. -Vabbè, io vado- fa Etienne con aria distaccata. -Ci vediamo davanti al self-service…Oh, aspettatemi, eh?- Appena girate le spalle si morde con violenza l’interno della guancia. Lista di merda. Si impone di non piangere davanti agli altri..”

“Guardo il gatto come si guarda una delle proprie idiozie. L’elenco delle mie è cominciato parecchio tempo fa. Tornare dalla fiera con il pesce rosso, marinare la scuola, copiare ai compiti in classe, rubare nei negozi, mettermi al volante dopo aver bevuto, far scoppiare petardi nella canicola su un terreno incolto, dimenticare l’acqua del bagno aperta, e poi la proposta di matrimonio, la risposta sbagliata, la persona sbagliata, saperlo e perseverare ugualmente, fare promesse sapendo di non poterle mantenere, perdere treni, prendere un prestito, annullare all’ultimo momento una cosa attesa da sempre, uscire a braccia nude nel freddo, abbassare la testa per non salutare qualcuno perché non è giornata e rimpiangerlo per sempre, firmare un atto di compravendita dal notaio, impegnarsi, disimpegnarsi, l’alcol cattivo, le serate disgustose, il famoso bicchiere di troppo, le mattinate tetre, salire in macchina con uno sconosciuto, comprare un golf colorato per variare un po’ dal nero e non metterselo mai, non riuscire a finire l’ultimo romanzo dello scrittore famoso (-Ma stavolta sento che lo adorerò-), andare per saldi, raschiare il fondo del barile, rovistare, spettegolare, criticare, ridacchiare, i pantaloni di una taglia impossibile da mettere dopo essere dimagrita, tutte quelle cose riposte negli armadi delle nostre vite, ma che costituiscono le nostre vite”

La ragazza A

Le rovine di una casa.. in questo caso rappresentano in sintesi la storia di questa famiglia, distrutta dalla follia e dalla violenza di un padre nei confronti dei figli e della moglie, che non hanno saputo, potuto sottrarsi a quanto stava avvenendo. Una violenza che, anche dopo conclusa, ha permeato la vita di ciascuno di loro, nonostante tutti gli aiuti ricevuti. Un libro impegnativo da leggere, sicuramente scritto molto bene, che colpisce nel profondo, fa riflettere e non lascia indifferenti..