Il tempo di tornare a casa (Bussola)

Quando inizio a leggere un libro entro nella storia che viene raccontata e quando ritrovo pensieri e sensazioni che accompagnano la mia vita mi sento “a casa”. E’ come se ritrovare le proprie riflessioni e i propri convincimenti dia consistenza agli stessi. Ci si sente meno soli sapendo che altri attraversano le stesse strade e, a volte, arrivano alle stesse conclusioni.

In questo libro il palcoscenico è una stazione affollata e l’autore si immagina le storie delle persone che incontra mentre aspetta il treno successivo a quello che ha perso. Le storie sono quelle che ognuno di noi ha forse attraversato nella propria esistenza: incontri, abbandoni, crisi. E’ molto coinvolgente e lo consiglio vivamente!

“A volte lasciamo le persone, perché non ci sembrano più abbastanza. Accade quando una relazione finisce o quando sentiamo che l’amore, da solo, non è più sufficiente. Chiudiamo repentini e crudeli oppure forniamo interminabili spiegazioni, dipende se ad animarci è la volontà di andare via o la speranza che qualcuno ci trattenga. Altre volte, sono invece le persone a lasciare noi. D’un tratto, siamo noi quelli sbagliati, quelli non più amati, quelli amati disperatamente e ora persi per sempre. Quelli amati in passato ma di cui basterà sentir pronunciare il nome per essere ancora lì a chiedersi di nuovo il perché. Quelli amati di nascosto, quelli amati nonostante. Quelli che avresti amato se solo se, quelli amati male, quelli ancora da amare. Quelli amati mai. Vivere, in fondo, non è che una serie di storie che si chiudono e si aprono, un continuo stringere la presa e lasciar andare. Una catena infinita di incontri e addii. Ma tra una fine e un nuovo inizio esiste una stagione dai confini incerti, un guado in cui può capitare di smarrirsi: è il tempo dell’attesa. Ci sono persone che passano la maggior parte della vita ad aspettare. Aspettano l’amore giusto, il momento adatto, il mantenimento di una promessa, la conclusione di una sofferenza, la rimarginazione di una ferita. Attendono che qualcuno finalmente le veda. Poi un giorno, senza preavviso, si alzano in piedi tra la folla e decidono che è ora.”

L’invenzione di noi due (Bussola)

La storia comune, fin troppo, di un amore che finisce con l’idea -“l’invenzione” – di uno dei due di aver trovato il modo di riavvolgere lo scorrere del tempo per ritrovare la freschezza e l’entusiasmo dell’inizio. Un libro tormentato dove tutto si svolge nella finzione, mascherata da buoni propositi, ma sempre di finzione si tratta. Perché, forse, non è possibile tornare indietro nel tempo, neanche nel “tempo di una relazione”, troppe cose sono state dette, vissute, interiorizzate per poterlo fare. Per tutti e per ogni cosa esiste solo il presente ed il futuro.

“Troppo tardi imparai che, per chiunque di noi, è impossibile prendersi la responsabilità di un’altra vita, perché le crepe che si aprono nelle giunture dipendono dalla contiguità di due materiali differenti e le asperità, gli atriti, fanno parte della scommessa. Non possiamo che cercare di essere responsabili per noi stessi e sperare che basti.”

“Le donne lanciano cortine di segnali prima di allontanarsi, anche se questo non significa sempre che poi se ne andranno davvero. Magari resteranno a odiare in silenzio, rassegnandosi a una vita che non volevano, fino a quando non arriverà il momento. Visto che ami i vecchi detti te ne riporto uno:’Non temere mai una donna che si arrabbia, temi quella che sta zitta’”

“Il dono più grande che mi ha fatto la scrittura è proprio questo, stare ferma e aspettare. Scrivere un romanzo è come l’amore: l’ispirazione può avere la forma di una folgorazione iniziale, ma poi non procede per scatti brucianti, piuttosto si muove per passi lenti, sentieri tortuosi, e richiede una lunga, difficile fedeltà, mentre la storia man mano si viene formando”